PARROCCHIA SS. REDENTORE - MONSERRATO

Padre Sivio Serri, missionario comboniano, martire in Uganda

Padre Silvio Serri nacque il 3 settembre 1933, insieme ad un fratello gemello, ad Ussana, dai coniugi Battista e Rita Serri, agricoltori. Dopo qualche giorno dalla nascita, la famiglia si trasferì a Monserrato per coltivare un fertile terreno; la vita della famiglia trascorreva con dignità e onestà, mettendo in pratica i sani principi cristiani. Con l'entrata in guerra dell'Italia nel 1940, cominciarono i bombardamenti aerei, e la famiglia Serri dovette lasciare Monserrato e tornare nel paese originario di Ussana. All'età di sette anni Silvio chiese al parroco di essere ammesso fra i chierichetti, mansione che svolgeva con serietà e impegno; dopo qualche anno fu lo stesso parroco a dire ai genitori che Silvio doveva entrare in Seminario, perché quella era la sua vocazione.

Pur dispiacendosi di dover dividere i due gemelli, che erano così affiatati, i genitori acconsentirono alla richiesta, convinti che ognuno doveva prendere prima o poi la sua strada. Nell'ottobre 1944 a 11 anni, Silvio accompagnato dal parroco, entrò nel Seminario di Dolianova; al termine della Guerra, l'anno successivo la famiglia ritornò a Monserrato, mentre Silvio proseguiva sulla strada intrapresa. Durante il lungo corso di studi per diventare sacerdote, in Silvio prese a maturare l'ideale missionario, finché ne parlò con il suo direttore spirituale che gli consigliò di parlarne con il vescovo. Quando confidò al vescovo il suo desiderio, questi gli oppose un rifiuto dicendo che dopo il disastro della II Guerra Mondiale, occorrevano nella diocesi buoni sacerdoti per farla rifiorire nella religiosità, nella morale, nella vita sociale. Ma il giovane seminarista insisté pacatamente con il vescovo, che alla fine gli accordò il permesso, dandogli una lettera di presentazione per il superiore dei missionari comboniani. Così a 19 anni Silvio Serri entrò nel Noviziato dei Comboniani, dove il 9 settembre 1955, prese i voti religiosi; tre anni dopo il 31 maggio 1958, fu consacrato sacerdote nel Duomo di Milano dal cardinale arcivescovo Montini, futuro papa Paolo VI. Per quattro anni espletò l'incarico di educatore dei giovani seminaristi comboniani, andando anche per un anno in Inghilterra per imparare l'inglese, lingua usata in prevalenza in Uganda, dove seppe di essere stato destinato.
Nel dicembre 1962 arrivò in Africa, a Otumbari, principale tappa della sua attività missionaria, esplicata nell'organizzazione della vita parrocchiale, nell'istruzione dei catecumeni, nella costruzione di chiese e scuole. Dopo sei lunghi e intensi anni trascorsi in Uganda, padre Silvio ritornò in Italia nel 1968, per un po' di vacanza; che diventò purtroppo triste, perché mamma Rita si ammalò e in breve si spense, assistita dal figlio sacerdote.

Dopo qualche mese ritornò in Uganda a riprendere la sua fruttuosa attività. Ritornò in Italia nel 1975, giusto in tempo per amministrare l'Unzione degli Infermi al papà gravemente ammalato, che fortunatamente si riprese vivendo altri tre anni. Nel 1976, ritornò in Uganda in preda alla guerra civile, alla resistenza del dittatore Amin, la cui sconfitta nell'aprile 1979, sembrava ormai scontata e i suoi soldati fuggivano sbandati, affamati, disperati, mal vestiti, ma purtroppo armati di tutto punto, facendo agguati, rapine, vendette.
Il giovedì santo 1979, alcuni soldati si presentarono alla missione di Obongi e, puntando il fucile al petto di padre Serri, chiesero la macchina per fuggire e del cibo per sfamarsi.

L'auto era tutto, senza di essa non arrivava il cibo, non si poteva andare a prendere l'acqua, non si poteva trasportare gli ammalati all'ospedale, ne spostarsi in altre missioni; e i cristiani di Obongi si misero alla ricerca dell'auto, ritrovandola appena dopo il confine in Sudan Meridionale, era stata abbandonata dai soldati fuggiaschi, forse per evitare i blocchi delle truppe tanzaniane. L'11 settembre 1979, come tutte le sere, padre Silvio si recò al fiume per rifornire di acqua la missione per il giorno dopo. Fatto il carico, all'imbrunire, tornò alla missione, ma all'ingresso del cortile, un uomo armato di fucile lo bloccò per prendersi l'auto, chiedendo anche la benzina. Alle richieste perentorie, padre Silvio consegnò senza opporsi le chiavi dell'auto, staccò la cisterna dell'acqua, l'aiutò a caricare un bidone di benzina; ma un ragazzo, visto che stavano perdendo l'auto, bene essenziale per la comunità, si staccò dal gruppo e corse a suonare la campana per richiamare gli altri missionari.
Il soldato vistosi scoperto, puntò il fucile verso il vicinissimo missionario e a bruciapelo fece partire un colpo mortale, che trapassò il cuore; dopo il delitto, l'assassino saltò sulla macchina e partì a tutta velocità, investendo una piccola catasta di travi e perdendo il bidone della benzina.
Solo allora fratel Maran si accorse del corpo accasciato a terra del missionario; lo soccorse e con l'aiuto di alcuni ragazzi, lo trasportò in casa, dove appena giunto, dato un ultimo sguardo al suo fedele collaboratore, don Silvio Serri concluse a soli 46 anni, la sua luminosa ed eroica esistenza.
I suoi funerali svoltasi il 13 settembre nella missione di Ombaci, dove era stato trasportato, furono seguiti da una marea di fedeli piangenti, e lì fu tumulato fra la sua gente ugandese, a cui aveva promesso: "Starò con voi qualunque cosa accada".
Nel 1984 la cittadinanza di Monserrato, a ricordo, gli ha dedicato il sagrato antistante la parrocchiale di Sant'Ambrogio

Padre Silvio in visita a Monserrato

Notizie tratte dal sito "Santiebeati"

Piazza Silvio Serri e Parrocchia Sant'Ambrogio
Cerimonia dedicazione Piazza Silvio Serri 
Parrocchia Sant'Ambrogio - Celebrazione eucaristica alla memoria

Padre Silvio nel ricordo di Lina

Cosa dire di padre Silvio? Per come l'ho conosciuto era un angelo. Per come lo conosco adesso, dopo una vita vissuta per gli altri e la morte subita, è un santo". Esordisce così la signora Lina Sollai alla richiesta di raccontarci qualcosa su padre Silvio. Ho conosciuto padre Silvio perchè c'era un legame di parentela tra la mia e la sua famiglia, in quanto la nonna di padre Silvio era sorella di mio nonno. I rapporti tra le due famiglie nel tempo si erano un pò allentati, ma si sono riallacciati durante lo sfollamento ad Ussana di entrambe le famiglie. Soprattutto mio padre era molto in contatto con suo padre ed amico di Gino, il fratello gemello di padre Silvio, che raccontava le commedie in sardo ed era un tipo molto simpatico.

Documentazione fotografica di Lina Sollai

All'epoca io ero ancora piccola: ricordo molto bene la "didina" (madrina di battesimo) di Silvio, però di loro non ho ricordi nel periodo della mia infanzia. Ho ricordi precisi quando Silvio e mio fratello Savio sono entrati in seminario. Savio, che in seguito seguì un'altra strada nella vita, era più grande d'età e si trovava già a Cuglieri, allora sede del Seminario Regionale Sardo, mentre Silvio si trovava nel Seminario Minore Diocesano di Dolianova. Essendo entrambi seminaristi i rapporti di conoscenza reciproca erano diventati più forti ed io ricordo Silvio quando veniva per le vacanze ed andava in giro con l'abito talare. Ricordo di Silvio il viso angelico ed il carattere molto serio e l'essere una persona di poche parole. Ricordo ancora molto bene la prima messa celebrata da padre Silvio nella chiesa parrocchiale di Sant'Ambrogio. Per me quella prima messa fu molto commovente anche perchè pensavo con emozione che sarebbe partito in missione. Poi padre Silvio partì in missione. Dopo un pò di tempo dalla sua partenza in missione, mia madre incontra zia Adelaide, - la madre di padre Silvio - e le chiede notizie di padre Silvio. La mamma di padre Silvio le risponde che ha appena ricevuto una lettera dal figlio. Nella lettera padre Silvio le scrive: "Mamma, prega se vuoi un figlio santo". Nella lettera racconta anche qualche iniziale esperienza missionaria: ad esempio che, quando è arrivato nella sua missione, ha trovato dei grossi recipienti pieni d'acqua dove andavano a posarsi e ad annegare tante formiche con le ali. Le formiche venivano poi raccolte e cucinate e questo era il loro "pranzo". Padre Silvio scrive: "Mamma, prega perchè non ho ancora avuto il coraggio di mangiarne". "Questo disagio", dice Lina, "penso sia stato per padre Silvio il minore tra tanti altri ben più pesanti che ha vissuto: la presenza diffusa di serpenti velenosi, i nugoli di zanzare che infestavano l'aria, una temperatura diurna torrida e tutte le fatiche delle attività apostoliche".
"Io credo, e lo testimonia tutta la sua vita, che padre Silvio sia diventato santo e sia vissuto avendo in sè lo Spirito di Gesù. La vera testimonianza - oltre che con miracoli per sua intercessione che qualcuno afferma di aver avuto e su cui si pronuncerà eventualmente la Chiesa - l'ha data, ancor prima che con la morte cruenta, con la sua vita evangelicamente esemplare".

Foto di repertorio

Foto di repertorio

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