PARROCCHIA SS. REDENTORE - MONSERRATO

Il Diacono

Mi chiamo Giacomo Battiata ed ho 65 anni (a lato con la moglie Rita. Foto di Daniele Argiolas). Sono di origine siciliana, ma ho vissuto gran parte della mia vita a Monserrato. Mi sono sposato con Rita, 40 anni fa, ed abbiamo celebrato il nostro matrimonio nella parrocchia di San Giuseppe a Pirri. Abbiamo avute tre figli: Francesco, Stefano ed Andrea. Sono stato ordinato diacono permanente il 31 gennaio 1999 dall’arcivescovo di Cagliari Mons. Ottorino Pietro Alberti, dopo sette anni di preparazione specifica nella mia parrocchia e presso l'"Istituto di Scienze religiose" di Cagliari.
Come nasce la mia vocazione al diaconato? La chiamata è nata da molto lontano, non tanto come vocazione specifica, che è venuta in età adulta, quanto piuttosto come desiderio e forte attrattiva a dare la mia vita per la Chiesa. In particolare mi aveva sempre affascinato una visione di Chiesa giovane e bella che non si identificava solo con le persone che frequentavano la parrocchia, ma abbracciava tutti indistintamente, anche quelli che non la frequentavano. Avevo la sensazione, che solo attraverso una visione di Chiesa che fosse come una famiglia si potesse arrivare a tutti, rispettando ognuno, perché a tutti si poteva giungere con l’amore.

Giacomo: sposo, padre e… la vocazione a “ diacono”

Nella vita di ogni uomo c’è un giorno, un’ora che lascia un ricordo indimenticabile. “Erano circa le quattro del pomeriggio…” ricorda Giovanni quando lui ed Andrea incontrarono Gesù. Un incontro che segnò una svolta decisiva nella loro vita: la chiamata personale da parte di Dio per una missione particolare. Dio fa le sue scelte, senza badare a censo, doti e qualità personali. Anzi, spesso sceglie paradossalmente i deboli, i poveri, “gli ignoranti del mondo per confondere i sapienti”.

A questo punto devo fare una premessa: verso gli anni ottanta una brutta circostanza ha cambiato la mia vita e quella della mia famiglia. Il nostro primo figlio Francesco, all’età di 7 anni, si ammala di una malattia gravissima (leucemia mieloide) e dopo 3 anni di duro calvario ritorna alla casa del Padre. In quegli anni, e soprattutto dopo il terribile evento, abbiamo toccato con mano la presenza del Signore e della Vergine Santissima, ed anche la soli-darietà del parroco, degli amici della parrocchia, la loro preghiera e gli aiuti di tutti i generi.
Questo ambiente mi colpiva, mentre una forza interiore suscitava in me il desiderio di collaborare col sacerdote. Infatti, dopo qualche tempo, io e mia moglie Rita venimmo invitati a fondare un gruppo Scout A.G.E.S.C.I., che portammo avanti per circa 13 anni. Durante una celebrazione eucaristica il parroco mi invitò, per la prima volta, a distribuire la comunione ai ragazzi scout. Fu questa una sensazione forte, commovente e coinvolgente. “Ecco, mi dissi, forse mi sento chiamato a cooperare nel generare la comunità cristiana insieme al parroco, quasi ad essere un tutt’uno con lui”. Sembrava un sogno… e non capivo come si sarebbe potuto realizzare. Solo più tardi l’ho capito grazie al mio direttore spirituale! In questo contesto è maturata la mia vocazione al diaconato permanente, che comportava il coinvolgimento di mia moglie Rita e dei miei figli: senza forzature però! Facendo conoscere ai miei cari questa realtà e vivendola con loro (Rita come catechista, Stefano ed Andrea animatori del coro parrocchiale) venivo a capire sempre di più la vocazione del diacono, il suo aspetto più bello e più vero, che va oltre le mansioni prettamente ministeriali (leggere il vangelo, dare alcuni sacramenti…). Per concludere, abbiamo capito come Dio, il più delle volte, per chiamare una persona si avvale della mediazione umana, come il Battista per Andrea e Giovanni, come Andrea per il fratello Simone. Condurre a Cristo è la missione di ogni battezzato. Questa missione, oggi così urgente anche per la mancanza di vocazioni, richiede una testimonianza viva di avere “incontrato” Cristo e di tanta preghiera personale e comunitaria.
                                                                                                                                                                Don Giacomo

Nella Bibbia

Nella Chiesa apostolica il termine ha il significato di "servitore", e come tale ha un significato generico, in forza del quale era applicato a tutti i credenti; anche gli apostoli e i presbiteri ne erano rivestiti: San Paolo e San Giacomo si chiamano servitori di Gesù Cristo. Allo stesso tempo è attestato l'uso del termine per indicare gli inizi del ministero ordinato. Una consolidata tradizione ha visto l'inizio del diaconato nell'episodio dell'istituzione dei sette, di cui parla At 6,1-6. In questo racconto emerge bene il senso e lo scopo del ministero diaconale: collaborare con il ministero degli apostoli nella fedeltà ai suoi compiti essenziali: la predicazione della Parola di Dio (cfr. At 8,5-12) e nella sollecitudine per i bisogni più concreti delle persone.

Nel Concilio Vaticano II

Il Concilio Vaticano II ha rivalutato l'importanza del ministero diaconale per la vita della Chiesa come ruolo specifico in sé medesimo, sicché accanto al diaconato transeunte finora comunemente preso in considerazione, che riguarda la tappa obbligatoria per essere ordinati presbiteri, si è riscoperto il valore del diaconato permanente che consacra il battezzato a vita nel ruolo di servizio ministeriale e può essere conferito anche a coloro che hanno già contratto matrimonio.

Nella Chiesa di oggi

L'ordinazione rende il diacono membro effettivo del clero e facente parte della gerarchia ecclesiastica di una specifica Diocesi (o Istituto Religioso) in cui è incardinato e non è escluso possa anche ricoprire ruoli di guida o direzione di una comunità. I ministeri del diacono vengono presentati in maniera piena dal magistero conciliare:
« È ufficio del diacono, secondo le disposizioni della competente autorità, amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l'Eucaristia, assistere e benedire il Matrimonio in nome della Chiesa, portare il viatico ai moribondi, leggere la sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali, presiedere al rito funebre e alla sepoltura. »

La dalmatica è un paramento liturgico consistente in una lunga tunica che arriva all'altezza delle ginocchia e provvista di ampie maniche. Essa è l'abito proprio dei diaconi, che la indossano nelle Celebrazioni liturgiche della Chiesa cattolica. Così come la casula per i sacerdoti, essa è la veste più esterna. Può essere di diversi colori liturgici, a seconda del periodo in cui viene indossata.

La dalmatica
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